“[…] Questa sconfinata distesa monotona e ondulata, la si
coltiva, da qualche anno, a grano: un
povero grano che non ripaga le semente, le spese e la fatica. Quando l’avevo
vista per la prima volta, l’estate, era il tempo della raccolta. Tutta la
terra, d’ogni parte intorno, era gialla sotto il sole: e un canto di lontane
trebbiattrici solcava solo il silenzio. Ora tutto era grigio, non un colore
turbava quella monotonia solitaria. […]”
In questa parte del libro, Carlo Levi, esiliato nella
cittadina di Gagliano, ottiene un permesso di pochi giorni per poter andare a
Grassano, sua precedente “villeggiatura forzata”, per poter terminare dei
quadri che aveva lasciato in sospeso. L’artista si gode il paesaggio in
solitudine, passeggiando tra le strade di campagna che circondano il paese e
descrivendo sia ciò che vede sia ciò che sente. Egli nomina una macchina
agricola di notevole utilità, la trebbiatrice.
La trebbiatrice è una macchina agricola utilizzata per
sgranare i cereali e separarli dalla paglia come ne l caso del frumento o del
riso (Wikipedia).
Il processo di trebbiatura è sempre stato fatto a mano. La
prima macchina trebbiatrice fu costruita nel 1733 dallo scozzese Michael
Menzies, che funzionava grazie ad una ruota idraulica. La prima vera e propria
trebbiatrice è stata costruita nel 1786 da Andrew Meikl.(www.traktorstory.com)
Antica trebbiatura lenola (fonte)
Trebbiatrice anni '30 della ditta Rossini di Macerata (www.leveterane.it)
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